La stanza dove si trova Igor ha due letti, ma solo il suo è occupato: lui è seduto sul bordo del letto, vicino alla finestra, vestito bene con una maglietta e una tuta eleganti.
Sono due mesi che è ricoverato al Policlinico San Matteo nel reparto Infettivi: due mesi che non vede suo figlio di 5 anni e sua moglie, che tra l’altro aspetta il loro secondo figlio.
Forte dei suoi 25 anni e del suo fisico robusto e abituato alla fatica (Igor fa il camionista), mai e poi mai pensava di prendersi il virus. Eppure è successo: ha accompagnato un amico di famiglia a casa dall’aeroporto e da lì l’incubo è iniziato.
All’inizio sembrava un freddo preso un pomeriggio: era uscito di corsa dalla doccia, mezzo bagnato, vedendo il vigile pronto a fargli la multa perché aveva parcheggiato male. Certo…strano per lui prendere freddo così. Il fiato però mancava giorno dopo giorno sempre di più: polmonite, si pensava.
Alla fine il fisico non ha retto più: l’ambulanza arriva a dargli soccorso e lungo la strada verso l’ospedale di Pavia i soccorritori si rendono conto che la sua saturazione è pessima. Il verdetto arriva poco dopo: è COVID e Igor finisce immediatamente in rianimazione. Per poco non viene intubato, ma se la “cava” con i tubicini nel naso e il casco per l’ossigenazione.
La paura è tanta: il ragazzo ha perso alcuni amici per via di questo virus. Lui ce la farà? Quando uscirà? Quando rivedrà sua moglie e suo figlio? Tutte domande che dal primo giorno gli frullano in testa per settimane e settimane. La spossatezza si fa sentire, i pensieri e le emozioni ancora di più. A fargli compagnia e aiutarlo a gestire quel vortice di pensieri, ci sono i nostri psicologi. Per fortuna Igor riesce a parlare, non essendo intubato, e con loro si confida, si sfoga.

“Fare il camionista è stata per me una scelta dettata dai soldi. Certo, è un lavoro pesante che portava mia moglie e me via per una settimana intera, lontano da nostro figlio, che lasciavamo ai nonni. Le spese però erano tante e la voglia di mettere soldi da parte pure, per cui ci era sembrata il lavoro ottimale. Ora però so che quei soldi che ho guadagnato in nessun modo possono ripagare il tempo che non ho passato con le persone che amo. Cosa me ne faccio dei soldi? Ci compro una bella macchina? A che serve?”.
Dopo due mesi di ricovero, Igor è ora fuori pericolo e ha solo un pensiero: uscire da quella stanza di ospedale e tornare dalla sua famiglia: “Solo stando male ho capito il vero valore della vita. Voglio cambiare: lavorare meno e passare il tempo con la mia famiglia. Queste sono le cose importanti”.
Igor è uno dei tanti pazienti che siamo riusciti a seguire a Pavia grazie al nostro team di psicologi in prima linea contro il COVID. Un’attività che abbiamo messo in piedi subito da marzo, pur non avendo abbastanza fondi necessari, ma non potevamo lasciare il personale medico e sanitario e i pazienti da soli.
Oggi continuiamo a offrire gratuitamente supporto psicologico non solo a chi è in ospedale, ma a tutte le persone – anche non toccate in prima persona dal virus – he hanno difficoltà ad affrontare questo periodo di pandemia.
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