Nel mese di maggio, la Conferenza Episcopale Italiana ha finanziato attraverso il suo 8×1000 una campagna per il sostegno di progetti in 65 Paesi del mondo, destinando una somma all’emergenza COVID-19 in Africa e nei Paesi del sud del mondo. Soleterre è una delle onlus che grazie a questo finanziamento potrà lanciare una strategia contro il Coronavirus e il cancro infantile in Africa occidentale, all’interno del proprio Programma salute.
Perché intervenire in Africa?
In tutto il mondo i casi confermati di COVID-19 ammontano a più di 11 milioni, con oltre mezzo milione di decessi. L’Africa in questo contesto è al momento relativamente poco colpita, con nemmeno un caso ogni 100.000 abitanti.
Cosa però potrebbe accadere in quel continente se arrivasse un’ondata come quella che ha colpito ad esempio l’Italia? Le conseguenze sarebbero tremende, oltre che per la malattia, anche per tutto il contorno. Durante l’epidemia di Ebola ad esempio ci furono più mamme morte di parto che pazienti deceduti per Ebola. Per la paura del contagio, infatti, le persone che necessitano di cure, anche di base, preferiscono non recarsi in ospedale per non esporsi al virus, rischiando però di morire per parto, appunto, peritoniti da appendicite e altri problemi di entità anche non grave.
Il nostro intervento vuole quindi essere di prevenzione: un intervento che purtroppo in Italia non si è riusciti a fare. Curare una pandemia solo negli ospedali comporta gli effetti che abbiamo visto: strutture di Pronto Soccorso che scoppiano, reparti che non riescono a stare dietro al numero degli ricoverati…La prevenzione gioca un ruolo importantissimo quando accadono eventi come il COVID-19, specie in questo momento in cui il vaccino non è ancora pronto e chissà quando sarà disponibile – una volta pronto – in Africa. Perché sappiamo che nella malattia e nella cura purtroppo non siamo ancora tutti uguali.
Attraverso i nostri partenariati con gli ospedali nei Paesi in cui siamo attivi (Marocco, Costa d’Avorio e da poco Burkina Faso) portiamo già da anni sostegni diretti, come ad esempio fondi di emergenza per esami medici, formazione per gli psicologi e acquisti per le strutture sanitarie nazionali e locali, nonché attività di networking strategico e la creazione di reti transnazionali, ma ora faremo di più.
COVID-19 e cancro: l’impegno per l’Africa
Ogni Paese i cui siamo presenti, dopo aver visto la pandemia estendersi rapidamente in Italia e nel resto d’Europa, ha preso precauzioni molto strette. Il Marocco, seppur sia stato relativamente risparmiato (212 decessi), ha comunque adottato da fine marzo un lockdown piuttosto severo, permettendo spostamenti solo dietro autorizzazione. Ovviamente questo ha avuto come conseguenza alcuni problemi per i migranti non marocchini presenti nel Paese, ma anche l’insorgenza di alcuni problemi sociali e psicologici.
Proprio per far fronte a questi problemi, durante il confinamento, siamo riusciti a portare avanti con la collaborazione degli ospedali tutta una serie di momenti di formazione dedicati a medici, ma anche a psicologi, sul sito del Centre d’Hématologie et Oncologie Pédiatrique.
In Costa d’Avorio il nostro intervento si sta sviluppando su 3 linee: prevenzione e sensibilizzazione delle famiglie, una casa di accoglienza per i bambini malati di tumore, e formazione dei medici. Esistono anche le attività di supporto psicologico e un fondo economico d’urgenza per le famiglie che hanno più bisogno. Anche in questa nazione i numeri del COVID-19 sono per fortuna bassi rispetto alla media europea, ma proprio per poter lavorare in prevenzione, grazie ai fondi della CEI, stiamo fornendo materiale all’ospedale di Trashville, che raccoglie il maggior numero di pazienti, e ad altri 6 ospedali della nazione.
Una grande notizia poi viene dal Burkina Faso, dove abbiamo da poco avviato le nostre attività, per contrastare la penuria di strutture sanitarie e il costo elevato delle cure contro il cancro infantile. Costruiremo anche in Burkina una casa di accoglienza per i piccoli malati di tumore e le loro famiglie e forniremo attrezzature, medicine, sostegno psicologico e formazione ai medici che non sono specializzati in oncologia pediatrica. In tutto il Burkina vi sono infatti solo 4 Oncologi pediatrici per 20 milioni di abitanti…La popolazione stessa non è a conoscenza dei tumori infantili e sarà quindi necessaria fare una grande opera di sensibilizzazione.
C’è tanto da fare e vi terremo aggiornati!
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