Esserci recati subito sui luoghi del conflitto russo-ucraino, ci ha fatto toccare immediatamente con mano le necessità non solo dei bambini e dei ragazzi malati di cancro che in Ucraina già seguivamo, ma di tutta la popolazione.
In quegli stessi ospedali vi erano già persone ovviamente malate, a cui si sono pian piano però aggiunti feriti di guerra. Per chi però può muoversi, scappare dalle proprie case bombardate è una necessità e, attraverso i corridoi umanitari non ufficiali che abbiamo aperto per trasportare i medicinali ed evacuare i pazienti pediatrici oncologici, stiamo accogliendo anche cittadini ucraini che non sanno dove andare, persone come noi e voi…
Il confine con la Polonia e il Centro di accoglienza di Przemysl, ricavato all’interno di un centro commerciale, si è rivelato così il primo approdo per tutti loro: un luogo nevralgico dov’era importanti fossimo presenti con i nostri psicologi e il nostro staff.
Qui si intrecciano tutti i giorni storie su storie: famiglie in transito verso altri Paesi per curare i loro figli, famiglie separate per via della guerra che non sanno cosa ne sarà di loro, né dove andare. Qui ogni giorno li ascoltiamo e incontriamo.
La vita nel Centro d’accoglienza
La prima cosa che ha colpito i nostri psicologi arrivati al Centro di accoglienza è stata la diversità con cui le persone arrivate affrontano il dramma della guerra e della fuga. Stanchi dal viaggio oltre confine – che per alcuni ha significato 800km percorsi con ogni mezzo possibile, anche a piedi – la maggior parte di loro appare assente.
Sebbene non parlino, si percepisce che la loro mente viaggia a cento all’ora, passando dallo sconforto per tutto ciò che hanno lasciato dietro le proprie spalle alla paura del futuro ignoto che li aspetta. Per quanto tempo rimarranno nel Centro di accoglienza? Dove andranno in seguito?
All’inizio del conflitto, coloro che arrivavano in Polonia erano soprattutto persone che avevano una meta già in testa: qualche parente o amico all’estero pronto ad accoglierli. Col passare del tempo però nel Centro stiamo accogliendo profughi che sono “semplicemente” dovuti scappare perché la loro casa è stata distrutta e le loro vite messe in pericolo. Sono persone smarrite che devono ricominciare tutto daccapo.
Entrare in sintonia con loro non è facile e così i nostri psicologi escogitano qualche stratagemma: si tolgono la casacca per non essere riconosciuti subito oppure stabiliscono un primo contatto con i loro figli: attraverso disegni o giochi entrano in confidenza coi più piccoli, che hanno bisogno anche loro di avere certezze e una routine che li rassicuri.
E sono proprio i bambini e i ragazzi a diventare poi il ponte di connessione con quei genitori difficili da approcciare, perché persi nei loro mille pensieri. Solo allora, quando la diffidenza iniziale è stata vinta grazie all’aiuto dei piccoli, quelle mamme e quei papà riescono a raccontare il tumulto delle emozioni che vivono internamente e che cercano di non trasmettere ai loro figli.
Per non far sentire queste persone solo dei “profughi” e dare loro una quotidianità, il Centro di accoglienza è stato allestito quasi come una “piccola città”. Non esiste una mensa, un luogo unico dove viene servito una sola tipologia di cibo: esistono diverse postazioni, con piatti diversi, dove in completa autonomia gli ospiti del centro possono recarsi per i pasti.
Allo stesso modo, i cittadini ucraini in transito nel centro che ne hanno bisogno possono rifornirsi anche di intimo e abbigliamento in alcune aree adibite a mo’ di negozio, dove però ovviamente tutta la merce è gratis.
Ridare una routine e degli spazi simili a quelli in cui vivevano in precedenza per queste persone è fondamentale. Parlando con i nostri psicologi, emerge il fatto che – oltre agli affetti – sono proprio le piccole cose a mancar loro. Quelle cose che le facevano sentire a casa, quella casa che ormai non c’è più…
Aiuta i nostri psicologi a supportare psicologicamente i profughi ucraini al confine polacco.
La tua donazione ridarà dignità e speranza a tutte queste persone!
Lascia un commento